sabato 25 agosto 2012

À la Jodorowskij

"Lasciai che la percezione del mio corpo si facesse presente. 
Concentrai la mia attenzione sulle diverse parti del mio organismo.

Mi resi conto di quello che sentivo. Ogni viscera, ogni membro, ogni regione del mio corpo aveva qualcosa da dirmi. All'inizio erano lamentele - mi accusavano di averli abbandonati, di non avere fiducia in loro -, seguite da euforiche dichiarazioni d'amore. 


Scoprii che le mie braccia, le gambe, la pelle, i muscoli, le ossa, i polmoni, gli intestini, l'intero corpo era impregnato di un'immensa gioia di vivere. 

Mi lasciai sprofondare nel cervello ed entrai nella mitica ghiandola pineale. Immaginai di essere un diamante che regna sul trono in mezzo a circonvoluzioni che mi riverivano... Quindi navigai lungo la corrente del sangue. Il calore del liquido denso mi parve giungere da un passato remoto. Mi abbandonai al flusso e al riflusso, andavo su e giù dal centro alla periferia e dalla periferia al centro, come dall'esplosione del punto creatore fino ai confini dell'universo, una rosa incommensurabile che sboccia e si richiude eternamente.


Grazie a tali esercizi riuscii ad allargare il mio limitato spazio mentale.  Ogni volta che si presentava un'idea, imprigionata nella sua collana di parole, esplodeva in mille echi che si trasformavano come nuvole. I miei pensieri non andarono mai più in linea retta, bensì seguendo complesse strutture, labirinti dove a volte l'effetto precedeva la causa. La superficie del mio cranio divenne l'interno e la mia coscienza, come la polpa di una pesca attorno al nocciolo, divenne un esterno che si univa indissolubilmente al firmamento"...
(da "La danza della Realtà", Jodorowskij)




Senza raggiungere i suoi successi, anche io nel mio piccolo provo a sentire il mio corpo. A volte mi metto seduta, chiudo gli occhi e decido di sentire il mio plesso solare ingrandirsi. Comincio a ingrandirmi, diventando gigante. 

Quando mi ricordo, anche camminando inizio a percepire meglio il mondo attorno a me, sento i miei piedi e immagino di camminare su un terreno soffice e non sul mero asfalto. Inizio a sentirmi galleggiare e cerco di guardare il mondo con una vista che supera i nostri 180 gradi abituali. 

Chi ci ha dettato le misure?



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